Paolo Pampanoni: dentro uno spazio di lavoro

Un background professionale legato alla profonda conoscenza dei processi produttivi aziendali, grazie alla progettazione di pareti attrezzate per ufficio, arredi singoli e sistemi.

L’intuizione e la capacità di trasformare l’esperienza in un metodo semplice ed efficace, che oggi si adatta a interventi di varia complessità e natura. La cura dell’immagine aziendale come strumento di crescita e comunicazione. Abbiamo incontrato l’architetto Paolo Pampanoni dello studio D+A, di Petrignano di Assisi, autore del recente rinnovo dell’head quarter umbro di CIAM. Con lui abbiamo viaggiato in un mondo che parla diverse lingue, risponde a molteplici esigenze ed è guidato da un unico principio: “ogni scelta progettuale è finalizzata all’ottenimento di una prestazione specifica, funzionale, tecnica, estetica o economica.”

Architetto Pampanoni, ci parli del progetto di rinnovo degli spazi CIAM: a quali esigenze e obiettivi ha risposto?

L’obiettivo primario è stato definire un nuovo standard funzionale e qualitativo degli spazi coinvolti nel progetto, adeguandoli, in particolare, alle nuove dinamiche che caratterizzano il flusso operativo degli uffici odierni, fortemente condizionato dalla presenza della tecnologia. Un intervento segnato sicuramente da una maggiore sensibilità verso il benessere dei lavoratori che vivono gli spazi aziendali, da un punto di vista illuminotecnico, acustico, termoigrometrico e posturale. Infine, meno scontato ma ugualmente importante, abbiamo risposto a un obiettivo di comunicazione. Un’azienda che cura le persone, e gli spazi in cui queste si muovono, esprime i livelli di qualità e attenzione al lavoro che presumibilmente riserverà a ciascun potenziale cliente.

A livello di distribuzione degli spazi, quali sono state le azioni più significative?

D+A ha impiegato, come sua prassi, un approccio analitico orientato alla definizione delle esigenze strategiche, operative e spaziali di CIAM, al fine di fornire una struttura al layout. La sintesi tra analisi oggettiva e rispetto delle linee guida dell’immagine coordinata ha portato alla definizione di un progetto che ha aumentato gli spazi di lavoro, riducendo il superfluo e concentrandosi sulle reali prestazioni: un intervento significativo, che ha creato spazi omogenei, open space, uffici confinati, spazi di riunione, phone booths e corridoi acustici. Lo schema distributivo è stato poi impostato seguendo logiche di accesso differenziato e controllato per poter garantire i necessari livelli di riservatezza di cui l’azienda ha bisogno.

Entriamo nel dettaglio degli interventi che hanno avuto come obiettivo il benessere dei lavoratori.

L’esperienza che abbiamo consolidato progettando spazi di lavoro ha dimostrato che garantire un ambiente performante porta alla reale fidelizzazione dei propri collaboratori, che di fatto sono il valore principale di un’azienda. Attraverso un progetto orientato al cliente, e quindi non autoreferenziale, cerchiamo di garantire i necessari livelli di benessere per tutelare e valorizzare il “capitale umano”. Qualche esempio: la corretta articolazione degli spazi di riunione separati dalle aree operative; la dotazione di corridoi acustici altamente fonoassorbenti, la creazione di phone booth per la riunione telefonica e il lavoro individuale, così come la possibilità di elevare l’altezza delle postazioni per poter lavorare anche in piedi, e la creazione di piccole aree break di servizio, interne alle aree operative: tutto questo contribuisce a migliorare le prestazioni dei lavoratori, riducendo i livelli di stress fisico e mentale.

Dal benessere delle persone al tema di un design sostenibile: qual è la sua idea di futuro?

La mia idea di sostenibilità può essere spiegata scomponendo il termine inglese “sustainability”. Il sustain è il pedale con cui i pianisti allungano la durata del suono di una nota, l’ability è la capacità con cui si produce, si costruisce, si progetta. Rispetto al futuro, dobbiamo avere l’abilità di produrre beni che abbiano vita lunga, intercambiabilità delle parti, oltre alla riciclabilità dei materiali. Una sfida difficile da attuare, ma credo che il futuro sia molto legato anche a scelte che partono dal basso. Noi proviamo a farlo: oltre alla progettazione di spazi di lavoro, con D+A ideiamo prodotti come pareti divisorie in vetro, sistemi di arredo, imbottiti, corpi illuminanti e, oggi più che mai, siamo attenti alla scelta dei materiali, di riciclo e riciclabili, ma soprattutto alle logiche che accompagnano il loro fine vita, necessarie per il reale recupero di ogni parte.

Oltre al territorio d’origine, che cosa ha unito CIAM e lo studio D+A in un progetto tanto complesso e ambizioso?

Penso che sia comune a entrambe le realtà la valorizzazione delle professionalità umbre e la volontà di investire sul territorio per portare le nostre competenze fuori regione. Questo crea indotto, professionalità e cultura. In Federico Malizia ho sempre visto un imprenditore intenzionato a perseguire l’eccellenza e l’innovazione: anche io perseguo questo obiettivo con strumenti e competenze diverse.