Bruno Vanzan
Il freddo come strumento attraverso cui esprimere talento, competenza ed eccellenza. Abbiamo incontrato un nuovo dinamico partner di CIAM, Bruno Vanzan, e con lui siamo andati alla scoperta di un mondo affascinante in cui tecnica e tecnologia sono protagonisti.
Viene considerato uno dei migliori barman al mondo, non è un caso quindi, che in quasi 15 anni di carriera Bruno Vanzan, abbia collezionato in tutto il mondo un numero considerevole di prestigiosi premi, tra cui Bartender of the years, nel 2016; Miglior prodotto alcolico con IOVEM, nel 2019; Premio eccellenze d’Italia, Campione del Mondo Bacardi e Martini, nel 2008; Vice Campione del mondo WFA (World Flair Association), nel 2015. Un talento e una passione frutto di un lavoro che si nutre da sempre di caparbietà, tenacia e allenamento.
Nello sfogliare il tuo curriculum ci si accorge facilmente di quanti siano gli ambiti professionali in cui spazi: oggi è così complesso il mondo del beverage o è Bruno Vanzan a voler sempre di più?
Sicuramente la seconda. La mia aspirazione è quella di poter servire e trattare come un’esperienza a 360° il mondo del beverage nel quale sono nato professionalmente, e farlo significa operare sia in termini di formazione professionale che di servizi offerti alla clientela: la BV Holding nasce proprio con questo scopo. Dopo anni e anni di esperienza come barman, ho sentito che quel ruolo mi stava stretto ed ho iniziato a pensare a ulteriori attività e servizi su cui poter concentrare le mie energie e aspirazioni. Da qui, ho mosso i primi passi nel mondo del catering itinerante, la prima vera attività da cui è partita la mia esperienza imprenditoriale, un’esperienza che oggi sta avendo il suo culmine nell’Academy appena inaugurata. Non solo una scuola, ma anche un luogo fisico permanente in cui poter svolgere e offrire tutti i servizi che ci rappresentano come il Consulting, che abbraccia il backstage delle creazioni di famosi prodotti alcolici in commercio, ma anche le consulenze di natura più tecnica che coinvolgono, ad esempio, la produzione di nuove forniture o attrezzature del nostro settore. Ma quello di cui vado più fiero è indubbiamente l’essere stato capace di dare forma e vita a un luogo dove si può imparare grazie all’eccellenza degli strumenti a disposizione e, soprattutto, dove si può imparare a offrire l’eccellenza ai propri clienti, per me il valore distintivo in assoluto.
L’Academy è stata anche l’occasione che ti ha portato a CIAM.
La creazione dell’Academy è stato il frutto di un lavoro di squadra che ha saputo plasmare un’idea dandole concretezza, una scuola che attualmente rappresenta un’assoluta novità per il mondo del beverage, e lo è proprio perché strizza l’occhio all’eccellenza, e visto che parliamo di eccellenza, trovo che il collegamento con CIAM sia più che adeguato. Li ho conosciuti attraverso il mio architetto, Fabiano Zucconi, che mi ha presentato questa realtà umbra come un’azienda in grado di soddisfare le esigenze più alte del progetto Academy, ed è indubbio che grazie alle loro innovazioni tecnologiche siano riusciti a garantire i risultati a cui aspira il mio lavoro. Per il nostro mondo l’elemento freddo è fondamentale, per cui quando parliamo di tecnologia e temperature avere degli strumenti innovativi e lavorare con prodotti che ci consentano di ottenere l’eccellenza dei servizi che offriamo è indispensabile. Nell’Academy, ad esempio nelle vetrine CIAM noi teniamo direttamente i bicchieri, e trovo che questo sia magnifico.
Innovazione, ricerca, tecnica, sostenibilità: qual è la maggiore fonte d’ispirazione per Bruno Vanzan?
Direi che tutte queste parole sono alla base del mio lavoro, anche se trovo che oggi con il termine sostenibilità si indichi un tema estremamente inflazionato e poco radicato nel DNA di molte aziende e realtà, che invece ne fanno uso nella loro comunicazione. Nella nostra azienda siamo attenti al rispetto della natura, ingrediente fondamentale delle nostre creazioni, così come siamo attenti al risparmio energetico, alla produzione sostenibile, alla ricerca di dettagli che facciano la differenza, anche in questo senso. Perché ad essere sincero, la mia più grande fonte d’ispirazione sono proprio i dettagli, l’elemento che fa la differenza e porta all’eccellenza. I miei modelli sono ad esempio personaggi che non appartengono al mio mondo: alcuni provengono dalla moda, dove il dettaglio è senz’altro ancora un elemento distintivo, altri ancora dal mondo dell’alta cucina, uno su tutti è Gualtiero Marchesi, un grande professionista e un grande uomo con cui ho avuto la fortuna di poter lavorare e da cui ho appreso moltissimo in questo senso. Personalmente apprezzo le storie, i progetti e le persone che partendo da piccoli mondo arrivano a conquistare autorevolezza e successo grazie al frutto del proprio impegno, della propria passione, delle proprie forze e del proprio talento.
Immaginiamo che il bancone di un bar sia una postazione privilegiata per indagare le persone e le relazioni che intercorrono tra di loro. Cosa ti ha insegnato dal punto di vista più umano questo lavoro?
Davanti a un bancone di un bar succedono cose straordinarie, le persone e le loro emozioni sono le protagoniste indiscusse. Io ci ho passato una vita e posso confermare che lo spaccato d’umanità che si vede da quella postazione ha in sé qualcosa di molto intimo. Le persone si aprono davanti a un drink, così come si aprono davanti a un barman, festeggiano i loro successi, cercano di ingannare la loro disperazione. Oggi, personalmente sono arrivato alla consapevolezza che il mio ruolo non sia più quello protagonista del bancone e questo deriva in parte dalle aspettative che crea la mia presenza lì dietro, cosa che spesso non mi consente più di lavorare psicologicamente come l un tempo, e in parte perché trovo molto più entusiasmo nel confrontarmi con progetti nuovi che comunque includono sempre le persone e il lato umano. Trovo straordinario, ad esempio, progettare le postazioni bar per i miei clienti e farlo insieme a loro, a volte sembra quasi che sia io il festeggiato, lo sposo o l’ospite d’onore per quanta passione metto nei loro progetti, ma poi lascio che i servizi vengano svolti dal mio team di giovani professionisti ancora incendiati del giusto entusiasmo per il lavoro del barman. Oggi, trovo entusiasmante creare cocktail piuttosto che servirli, sono convinto, insomma, che tutto abbia un proprio corso, e se ho imparato qualcosa da quel bancone è che oggi il mio posto si trova dietro le quinte, dove posso mettere la mia esperienza al servizio dei miei clienti o di progetti che ambiscano a un’evoluzione del mio settore.
Puoi farci un esempio in questo ultimo caso?
Uno in particolare ha l’aria di un sogno. È un progetto che ha iniziato a girarmi in testa da poco più di un anno e di cui ho iniziato a parlare anche con CIAM, un’idea che si lega all’ambizione di cambiare il modo in cui il nostro lavoro viene svolto ormai da decenni: parlo delle postazioni, ma anche della barriera che si crea e che impedisce di mostrare tutta l’evoluzione stessa del nostro lavoro – perché oggi creare un cocktail è qualcosa di molto esperenziale ed è giusto che il cliente ne sia parte – ma parlo anche di altro. Immagino nuove altezze, immagino un banco senza sgabelli, immagino che nel futuro anche un ragazzo in carrozzina possa fare il mio mestiere e non restare privato di un sogno o di una possibilità professionale perché i bar non sono ancora progettati in modo tale da accoglierlo, così come i banconi non sono accessibili ai clienti con la stessa carrozzina. Anche questa è sostenibilità, una sostenibilità che definirei sociale o semplicemente un sogno che si nutre di civiltà. Un valore che porta in sé evoluzione ed è per questo che vorrei si potesse realizzare questa postazione che mi piace chiamare postazione del futuro.