Fabrizio Milesi
“Nel frattempo che…”, come ha detto Cristina Comencini, è il nostro tempo di mezzo, quello in cui dobbiamo capire come tornare alla normalità attraverso nuovi modi di vita privata e sociale.
Il fatto che nessuno di noi immaginasse che sarebbe potuto accadere ci deve ancor più far riflettere sulla portata del possibile cambiamento. Non posso non esprimere alcune considerazioni riguardo a questo complicato momento storico, considerando che CIAM lavora al servizio del mondo HO.RE.CA. e quindi della convivialità, proprio quel modo di vivere che oggi è stato annullato dalle regole di distanziamento sociale. Credo come molti, che ogni evento difficile porti con sé grandi potenzialità di analisi e miglioramento; da questo periodo in cui siamo dovuti rimanere fermi ho capito il valore della calma rispetto al modo di fare veloce. Questo non significa rimanere inattivi, ma riuscire a leggere le cose intorno a noi attribuendo loro il giusto valore. Significa valutare altri modi possibili di vivere all’interno dello spazio domestico, nelle città e di condivisione e interazione tra le persone.
È una grande e rara opportunità. Sicuramente, come per tutti i grandi eventi storici, vivremo una fase di metabolizzazione e le storie che accompagnano questo periodo verranno rilette e riscritte. Attualmente nelle persone intuisco la volontà di dare un senso positivo all’esperienza che stiamo vivendo, nell’ottica di trasformare questa tragedia in una forza per guardare avanti e ripartire. Credo purtroppo che tutta questa spinta positiva sarà in parte frenata, perché le pratiche economiche all’interno delle nostre società sono molto più complesse di un virus e questa è la cosa che ora mi preoccupa di più. Sappiamo infatti benissimo che il tentativo sarà quello di far tornare l’economia e la sua struttura come prima, utilizzando le stesse ricette.
Mi auguro ovviamente che ci sia una ripresa economica, ma allo stesso tempo spero che possa avvenire all’insegna della comprensione dei motivi che ci hanno portato a questo punto, con un’attenzione particolare ai temi ecologici. Questo tema non può più attendere soluzioni con tempi lunghi come è stato fino ad oggi. Questo momento storico ha dimostrato la capacità di affrontare la realtà in pericolo con tempi brevi e misure drastiche che con grande senso collettivo di sacrificio hanno immediatamente prodotto un risultato positivo. Se tutti noi guardassimo oggi i numeri delle emergenze, capiremmo che quella della sostenibilità non può più attendere.
A pensarci bene sono solo cinque anni di lavoro ma la portata del cambiamento che siamo riusciti a realizzare progetto su progetto è stata veramente forte e coinvolgente.
Mi piace usare questo termine perché, a parte la proprietà che chiaramente ha creduto in questo percorso, tutte le persone che quotidianamente lavorano in azienda hanno capito l’importanza del nuovo corso con al centro il design, supportandolo con una nuova consapevolezza in base alla quale l’eccellenza del prodotto rappresenta la vera forza dei risultati che vogliamo raggiungere.
La nuova coscienza passa attraverso la costante ricerca tecnologica, estetica e sostenibile dei prodotti e dell’azienda in generale, la comunicazione attraverso partner e strumenti innovativi, la partecipazione e l’organizzazione di eventi e performance.
Oggi, Ciam è una macchina che si muove costantemente cercando di capire per poi trovare soluzioni alle esigenze contemporanee del mondo del food sempre più importante nelle logiche estetiche e commerciali dei mercati internazionali.
Il nuovo rapporto tra design e food.
Rapporto molto complicato, visto il momento che stiamo vivendo. Come cambierà in futuro stiamo ancora cercando di capirlo e immaginarlo.
Riferendoci al contesto pre-Covid 19, credo che il forte rapporto tra design e food sia maturato, divenendo imprescindibile, dal momento che il mondo dell’ospitalità in genere si è sempre più evoluto e avvicinato alle esigenze di visibilità, esperienza e connessione umana dei brand della moda internazionale, ricercatori assoluti della nostra società, non solo nelle aree di gusto ma anche nella visione e nelle connessioni tra mondi apparentemente distanti. Da quel momento in poi, il food è stato esplorato attraverso il design per diventare anche, grazie alla forte spinta mediatica, la rinnovata espressione della perfezione nella ricerca tra tradizione e innovazione, molte volte contaminata da mondi lontani e opposti. Ognuno ha percorso al suo interno una propria ricerca estetica ed espressiva attraverso il design di ogni elemento connesso al mondo del food ricercando sempre di più materiali sostenibili e innovativi.
Il food oggi ha trovato nel design non solo la sua immagine relativa ai progetti degli spazi, ma anche quella della forma espressiva del cibo stesso; mi piace ricordare a tale proposito la performance che CIAM insieme a Francesca Sarti (designer food), fondatrice di Arabeschi di latte, ha pensato per la Milano Design Week 2019 all’interno dello spazio Alcova pubblicato sul n.0 di I AM.
La ricerca sui materiali è alla base del nuovo corso di CIAM.
La vetrina refrigerata orizzontale Move16, pensata e sviluppata nel corso del 2016 inaugurando la nuova direzione artistica, aveva già nella sua idea iniziale due obiettivi; da una parte la forte riduzione estetica del segno e dall’altra la volontà di nascondere dalla vista l’acciaio inox, da sempre il materiale principe per tutti i costruttori di arredi refrigerati. Nel caso specifico la vetrina venne testata e presentata con la finitura in resina epossidica applicata all’interno della teca vetrata refrigerata.
Questo aspetto fortemente materico contribuì a rendere l’insieme percepito più ‘morbido’ e permise di caratterizzare cromaticamente il prodotto rendendolo personalizzabile dai designer che decisero di utilizzarlo nei loro progetti. Da lì in avanti, ho cercato sempre di guardare oltre l’ordinario, andando via via a inserire in tutti i prodotti una serie di materiali o materie nate come finiture per altri ambiti progettuali. Mi riferisco alle carte da parati, alle nuove lastre a basso spessore di grès porcellanato, alle resine epossidiche con varie finiture materiche e cromatiche e non ultimo l’uso di materiali di sintesi, oggi sempre più ecosostenibili.
Tutta questa ricerca ha implementato la materioteca tradizionale basata su materiali naturali, pietre, marmi e legni. Questo nuovo approccio, secondo me, rende visivamente i prodotti apparentemente privi di tecnologia e non riconducibili alle ‘fredde’ macchine funzionali, ma al contrario li avvicina sempre di più al design dei mobili. Mi piace molto il fatto che all’interno dei nuovi prodotti CIAM ci sia sempre una tecnologia innovativa che però rimane nascosta e mitigata dalla contemporaneità delle forme rigorose; credo sia oggi la vera differenza e il vero valore globale dei prodotti che pensiamo.
Sembra che all’improvviso gli abbiamo tolto la loro primaria funzione tecnologica per farli diventare qualcos’altro.